Con una amplissima maggioranza, deputati/e e senatori/senatrici francesi hanno approvato il 4 marzo scorso l’inserimento nella Costituzione della libertà per le donne di ricorrere all’interruzione volontaria di gravidanza. Dopo l’approvazione di una legge che contrasta il sistema prostitutivo, la Francia compie un altro decisivo passo in direzione della dignità e libertà femminile. Ci associamo alle tante voci che si sono levate per salutare con soddisfazione questa decisione storica. Festeggiamo con le donne francesi che hanno esultato alla notizia. Mentre in molti paesi si è compiuto un regresso in tale materia o sono all’opera misure per limitare una garanzia fondamentale per le donne, il segnale lanciato dalla Francia afferma, con un autorevole gesto, un principio di civiltà nell’orizzonte della differenza dei sessi/generi.

Vale la pena di rileggere le parole del testo: “La legge determina le condizioni in cui si esercita la libertà garantita alla donna di ricorrere all’interruzione volontaria della gravidanza”. Dunque si parla di “libertà garantita alla donna”. In Italia, come il cane di Pavlov, è partita la crociata dell’allarmismo misogino. È stupefacente nonché avvilente constatare come la stampa conservatrice e dell’area vaticana abbia manipolato la notizia e stravolto la lettera del testo; in alcuni casi la legge è stata travisata come “abolizione del diritto alla vita”. Ci preme soprattutto citare le parole del teologo Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita, intervistato su La stampa 5 marzo: «Non può esserci un “diritto” a sopprimere una vita umana. Dobbiamo impegnarci affinché si rimuovano le cause che portano ad abortire, …la Chiesa, da sempre, è impegnata su questo fronte». Non condividiamo la prima parte delle parole di Paglia; concordiamo nondimeno sul fatto che occorra rimuovere “le cause che portano ad abortire”. Ma un’abissale distanza di visioni sul mondo e di strategie trasformative ci distanzia dal religioso: per lui le cause andrebbero rintracciate nella mancanza di misure di sostegno per coloro che vorrebbero tenere il proprio figlio”; non per noi. Ripercorrendo le strade luminose aperte da Carla Lonzi, abbiamo elaborato un pensiero che legge la realtà umana con occhi di donna; che ha maturato consapevolezza etica e politica sulle radici delle cause dell’aborto.

In un comunicato congiunto dell’OIVD e Donne per la Chiesa del settembre 2021, dal titolo “Si trasforma la vittima in accusata. A proposito delle dichiarazioni di Papa Francesco sull’aborto”, scrivevamo: «Come non tener conto che la sfera della sessualità tout-court è dominata da desideri e da esigenze maschili? E che la Chiesa cattolica con i suoi insegnamenti sul “debito matrimoniale” è parte integrante di questo modello di prevaricazione sessuale del maschio sulla femmina? In quale sfida educativa si impegna la Chiesa cattolica per superare la cultura patriarcale, che dà una rappresentazione del desiderio maschile come di un impulso “giusto”, segno di “naturale e sana” virilità, trascurando le conseguenze a cui il comportamento maschile può portare, sia nei confronti del desiderio femminile, sia nei confronti di un’eventuale gravidanza? …perché la Chiesa non si impegna in una sistematica analisi dei fenomeni connessi a una sessualità maschile predatoria? Femminicidi, stupri, turismo sessuale, pornografia, prostituzione, abusi…da tali aspetti non è esente una parte del clero cattolico, come sappiamo». È in questa ottica che consideriamo la scelta dei/delle francesi un passo decisivo che va nella direzione di un approccio integrale in questa materia, di un impegno attivo per promuovere un radicale cambiamento nella mentalità maschile; nell’ottica del riconoscimento di un infinito rispetto per la coscienza delle donne, sia che scelgano o siano costrette ad interrompere la gravidanza.

AUTORE

O.I.V.D.

DATA

8 Marzo 2024