Comunicato
Prepotenze di marchio patriarcale: le attiviste di Extinction Rebellion abusate a Brescia e il vergognoso caso della Corte di Assise di Modena.
Noi dell’Osservatorio interreligioso sulle violenze contro le donne siamo allarmate dalla stretta che si sta mettendo in atto in Italia contro le libertà e contro le donne. In queste prime settimane dell’anno guardiamo al caso delle attiviste di Extinction Rebellion fermate a Brescia mentre stavano manifestando pacificamente davanti all’azienda Leonardo, e al modo in cui, come raccontano, sono state trattate in Questura. Alcune di loro hanno riferito di essere state costrette a spogliarsi completamente e a fare degli squat (piegamenti). Trattamento che è stato rivolto solo a loro e non ai ragazzi. Insinuarsi nell’intimità delle donne, una anche con il ciclo mestruale in corso, e dichiararlo legittimo affermando di aver eseguito nient’altro che il regolamento, ci fa dire che tali regolamenti offendono l’umanità e perciò vanno trasformati insieme alla coscienza di chi li ha messi in atto. Ci sembra che un’azione del genere sia inconcepibile, sia perché è stata perpetrata da chi dovrebbe tutelare cittadine e cittadini da abusi e comportamenti misogini sia perché reitera comportamenti anomali veicolando l’idea che possano essere giustificati.
Questo avvenimento ci ricorda prepotenze di marchio patriarcale, sperimentate anche negli anni Settanta e nel 2001 durante il G8 di Genova che credevamo, anzi, speravamo, rimosse. Non vediamo alcuna ragione e diritto di agire in tale maniera sui corpi delle persone, in questo caso donne, se non per dileggiarle, ostentare la forza detenuta da un’autorità maschile – anche se in questo caso dentro la divisa c’erano donne – e ledere in tal modo la dignità di chi manifesta.
Ci preoccupa anche una sentenza come quella della Corte di Assise di Modena che all’autore del duplice femminicidio della moglie e della figlia di lei ha commutato l’ergastolo in trent’anni di carcere definendo, nelle motivazioni, “umanamente comprensibili” i motivi che hanno determinato un gesto privo di ogni umanità. La Corte d’assise ha così assunto il punto di vista dell’assassino rendendo in qualche modo “accettabile” il reato. Non esistono motivi umanamente comprensibili per togliere la
vita a una donna.
A cura dell’OIVD
Gennaio 2025