Siamo determinate ancor di più a condurre una battaglia senza sconti per denunciare le “strutture di peccato” in cui si radica tale “caso”: un impianto di cui la chiesa cattolica è artefice e protagonista.
Troppo spesso abbiamo constatato che nei movimenti ecclesiali/congregazioni/culti ci si serve surrettiziamente di alcune categorie ecclesiologiche per usare e manipolare persone (quasi sempre donne) che si avvicinano a tali contesti religiosi in nome di una chiamata spirituale. Queste donne sono limpide, fiduciose, ignare degli “adescamenti” che troppo spesso – oramai lo abbiamo verificato nella nostra non più breve esperienza- si compiono.
La logica è quella del dominio del chierico maschio “ontologicamente superiore” e in nome dell’“obbedienza”, “umiltà”, “segretezza delle procedure”, “perdono”, del “non infangare una santa istituzione”, della “adorazione verso chi incarna il sacro” e altre categorie “dello spirito”, si cattura la persona in una rete di soprusi, abusi, macchinazioni perverse, dove le logiche della sudditanza e dell’omertà sono la regola. La minaccia è solo allusa: quella di subire le conseguenze di un potere androcentrico totalitario e quindi la condanna all’infamia, oltre che al baratro esistenziale in caso di dissenso conclamato e all’ isolamento senza nessuna via d’uscita percorribile. La cultura dello stupro (che non è solo fisico, ma anche spirituale) passa di qui.

AUTORE

O.I.V.D.

DATA

22 Dicembre 2022